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A VISO COPERTO

2031

A viso coperto è il romanzo d’esordio di Riccardo Gazzaniga. Genovese, classe ’76, poliziotto. E’ la passeggiata di un equilibrista sulla fune che unisce il mondo ultras a quello della celere, il reparto mobile della Polizia di Stato. Soltanto chi ha vissuto le domeniche in trasferta, dall’una o dall’altra parte della barricata, può raccontare quella realtà in modo credibile. Nella vita presta servizio come sovrintendente a Bolzaneto ma è anche uno scrittore che racconta con equilibrio e coraggio l’etimologia degli scontri. Senza giudicare e in posizione equidistante, ci riporta con garbo allo scomodo G8 di Genova, tratteggia i suoi personaggi e prende un imbuto per farli confluire verso il finale a sorpresa.
Dentro A viso coperto si trova un denominatore comune di due mondi meno distanti di quanto si pensi. E di quanto si sia mai scritto.

“Lo stato italiano era inflessibile solo coi poveracci. I criminali da strapazzo, i ladruncoli, i tossici, adesso pure i clandestini.
Succedeva lo stesso in piazza, dove ti scontravi con gente malmessa quanto te. Mica con chi truffava o appaltava il bene pubblico alle mafie. Con chi sbeffeggiava la magistratura e sputtanava il denaro dei cittadini. In strada abbattevi il manganello solo su persone che avevano il tuo stesso reddito, i tuoi stessi sogni, speranze e frustrazioni. Oppure su lavoratori che avevano perso il posto, o su cittadini che difendevano il loro territorio dalla minaccia di opere pubbliche insensate.
In piazza tu rappresentavi lo Stato a cui loro chiedevano risposte. Ma se lo Stato quelle risposte non le aveva, parlavano solo i manganelli”.




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