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PATO O NON PATO

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I bambini degli anni ’80, di cui faccio parte, si sono persi tra improbabili cacce al tesoro sognando avventure in stile Goonies, cadute dallo skateboard cercando di emulare Marty McFly o si sono disegnati sul torace le sette stelle di Okuto.
Sono molte le icone cult che accompagnavano quei pomeriggi poveri di elettronica, interrotti al massimo dal caricamento secolare di una cassetta del Commodore 64. Tra queste c’era anche Howard, un papero tozzo col ciuffo rockabilly,  giunto per caso da un’altra galassia con la missione di salvare il pianeta Terra. “Howard e il destino del mondo” si rivelò un flop ai botteghini negli States ma non c’è discepolo di Bim Bum Bam che non l’abbia visto.

Anche il mondo del calcio ha avuto per un breve periodo un papero fuori dal comune: Alexandre Rodrigue da Silva, meglio conosciuto come Alexandre Pato dal nome del paese in cui è nato il 2 settembre 1989: Pato Branco.

Incontrai Pato, si fa per dire, nel torrido agosto del 2007. Faccio sempre scorta di giornali all’aeroporto e così anche quella volta a Fiumicino, prima di imbarcarmi sul volo per Malaga, passai in edicola. Mi colpì subito il titolo della rosea: “Pato col diavolo”. Il mio socio invece, a cui avevo mollato i quotidiani più seri, si agitò per un poco rassicurante “Caos bagagli, Roma-Malaga la tratta peggiore” sulla prima pagina di Repubblica. Ognuno ha le sue priorità.
Erano i tempi in cui Braida tornava dal Brasile con dei colpi sensazionali come Kakà e non mi stupì tanto la voglia del Milan di bruciare la concorrenza quanto la storia di questo predestinato già sulla bocca di tutti.

La storia inizia coi 22 milioni di euro spesi dai rossoneri per accaparrarselo nonostante i soli diciassette anni, prezzo salato per un Papero coi brufoli e l’apparecchio ai denti; già perché gli incisivi del papero, soprannome inevitabile visto che in portoghese “pato” significa appunto “papero”, ricordano un becco più che una bocca.

A causa delle norme Fifa, che impediscono i trasferimenti internazionali di minorenni, il Milan lo aggrega alla prima squadra senza poterlo schierare e l’impazienza di vederlo all’opera cresce anche grazie a una dote: segna sempre all’esordio. Aveva segnato al debutto con la maglia verdeoro under 20, come contro il Palmerais nel Brasilerão, convincendo l’Internacional di Porto Alegre a portarlo in Giappone per il Mondiale per Club in cui, manco a dirlo, segnò in semifinale.

Il 13 gennaio 2008 va in scena Milan-Napoli e la storia si ripete quando sul lancio lungo di Favalli il Papero brucia Domizzi e deposita alle spalle di Iezzo; il Meazza esplode e Pato saluta la fidanzata in tribuna sdoganando l’esultanza a cuoricino. Ancelotti capisce subito di avere tra le mani un talento da sgrezzare ma a fine stagione colleziona 9 gol in 18 presenze. Mostruoso.

Nel frattempo Dunga lo fa esordire nell’amichevole contro la Svezia e, indovinate un po’, 12 minuti dopo il suo ingresso in campo, segna la rete decisiva della Seleção. Predestinato, appunto.

Nel 2008/2009  imbeccato da un altro dentone, Ronaldo de Assis Moreira detto Ronaldinho, da Pirlo, Kakà, Seedorf e compagnia, arrivano i primi gol europei e 15 reti in campionato. Una media pazzesca che convince Galliani a blindarlo.

Coccolato dall’ambiente inizia la stagione 2009/2010 col mattone sull’acceleratore, non sente  il peso della maglia numero 7, tanto che le prestazioni non fanno rimpiangere Andriy Shevchenko, il Vento dell’Est attirato dai petroldollari del Chelsea di Abramovičh.

Alla prima di campionato sigla una doppietta in casa col Siena e poi due reti al Real Madrid nel successo del Milan al Santiago Bernabéu. Insomma, si guadagna il centro della scena pure in Champions League. Tutto fa pensare a una carriera di accelerazioni fulminee, gol pesanti e giocate spettacolari. Anche il modo di correre, sedere in fuori e piedi a papera, si sposa col soprannome; quando punta l’uomo è devastante, freddo sotto porta, esplosivo nelle conclusioni, imprendibile in progressione. Da prima punta attacca la profondità come pochi, da esterno fa saltare i piani delle difese.

pato cuoricino

Eppure di lì a poco perderà i super poteri.

Tutto comincia nel febbraio 2010 con un problema alla coscia destra contro l’Atalanta. Sembra normale vista la crescita muscolare del ragazzo ma quando rientra col Napoli la ricaduta è ancora peggio e torna disponibile solo per le ultime due gare. A fine stagione però le statistiche gli danno ragione e dicono 14 reti in 30 apparizioni totali.

Dopo un avvio lampo nel 2010/2011, con 6 gol nelle prime 8 otto gare, si ferma di nuovo ma stavolta è il bicipite femorale sinistro a cedere contro il Palermo. Rientra dopo la sosta e contribuisce allo scudetto con 16 gol in 33 gare stagionali. E’ il più giovane giocatore della storia del club a superare quota 50 gol. Insomma Pato è devastante, anche se qualcuno comincia a chiedersi se la struttura fisica imponente, coltivata alzando ghisa in palestra, non sia alla base di questi infortuni.

Gli inizi sono il suo forte e il 13 settembre 2011 segna un gol lampo al Camp Nou contro il Barcellona di Messi. Per quest’anno non cambiare stesso Pato da ammirare. Invece è l’inizio di un percorso a tappe tragicomiche.
Il 22 sttembre 2011 dopo soli 19 minuti il bicipite della coscia destra lo ferma contro l’Udinese.

Il 18 gennaio 2012 nella gara di Coppa Italia contro il Novara è la coscia sinistra ad alzare bandiera bianca.
E’ un calvario.
Il 25 febbraio 2012 viene sostituito per un altro risentimento alla fine del primo tempo contro la Juventus.
Il 3 aprile entra nei quarti di Champions contro il Barcellona ed esce dopo 14 minuti toccandosi la coscia sinistra. Mentale? Fisico? Qual è il problema del papero? Intanto ha già alla spalle un divorzio e undici infortuni muscolari in due anni.

Si fidanza con la figlia del boss e, anche se i diretti interessati smentiranno, è per il legame con Barbara che salta il trasferimento al PSG. La foto a tavola di Galliani con l’Apache, che avrebbe sostituito Pato nel mercato di gennaio, testimonia uno dei rarissimi viaggi a vuoto nella carriera dell’ag rossonero ed è l’effigie della caduta del Diavolo; non si capisce più chi comanda, chi decide cosa.

tevez-galliani

Il Milan comincia a smantellare la rosa, Allegri, volontà sua o della società, saluta i senatori in nome della rifondazione ma non sembra voler puntare su quel ragazzo gracile e scattante diventato un colosso difficile da innescare.

Pato riceve in eredità la numero 9 di Super Pippo Inzaghi ma la musica non cambia e quando nell’ agosto 2012 accusa l’ennesimo infortunio muscolare il Milan non ci crede più. A gennaio torna in Brasile e con la maglia del Corinthians, indovinate un po’, segna all’ esordio contro l’Oeste.

Il resto è storia recente col passaggio al San Paolo e Milano sempre più lontana nei pensieri. Dopo due anni e mezzo finisce anche la relazione con Barbara e dal Brasile lancia accuse a MilanLab per i carichi di lavoro eccessivi. Le parole cadono nel vuoto ma qualche dubbio rimane se pensiamo che nell’estate 2007 a 18 anni il Papero pesava 71 Kg e all’inizio del 2011 ne pesava 78; in 3 anni e mezzo 7 chili in più, non sono pochi.

Per gli infortuni ho pagato e sto pagando un prezzo che non dipendeva da me. Tutti possono vedere la differenza di quando stavo in Italia ad ora che sono tornato in Brasile. In Italia il trattamento è diverso da qui. Si lavora molto sul fisico. Si fa piscina, fisioterapia: si finisce a fare il lavoro di 20 giorni in una sola settimana, è normale che il fisico possa non reggere.

Anche un cieco si sarebbe accorto della sua crescita muscolare e persino chi non ha mai preso a calci un pallone si renderebbe conto che portarsi a spasso 7 chili in più di muscoli ha un rovescio della medaglia. La stessa esplosione l’hanno avuta altri giocatori, vero, quindi non è il caso di generalizzare ma la storia di Pato somiglia sempre più a un’occasione persa. Il Milan le ha provate tutte, da un bite dentale per conservarne l’equilibrio e la tensione muscolare, al viaggio negli States per studiare come correggere la postura in modo da non perdere la dinamicità e ridurre gli infortuni.

pato

In Brasile ha ritrovato continuità e gol, anche se non è stato sufficiente per guadagnarsi la convocazione al Mondiale. Sulla vicenda si è pronunciato in maniera scioccante anche Antonio Citadini, candidato alla presidenza del Corinthians

Siamo caduti in una trappola. Quando ha cominciato a non giocare più, il Milan ha finto che fosse infortunato. Oggi è chiaro che questa era una scusa che il Milan usava per non far vedere il giocatore. In questo modo sono riusciti a far credere che Pato fosse sempre una superstar e a venderlo al Corinthians come una superstar. E lui non era a quel livello, come ha dimostrato al Corinthians e al San Paolo. Ormai c’è poco da fare: chi potrebbe comprarlo? Il Corinthians non è il Milan, che è riuscito nell’impresa di nasconderlo per due anni. Dovremmo far dire una messa al giorno per sperare in una trattativa

Eppure nonostante i lunghissimi stop a 26 anni ha segnato 12 gol in 27 partite con l’Internacional che lo ha visto crescere, ha gonfiato la rete 63 gol volte in 150 partite col Milan, una parentesi così così col Corinthians e 20 reti in 37 apparizioni col San Paolo. Dove sta la verità? Talento naturale che si è inceppato, irrobustito in nome del calcio moderno, o fenomeno destinato a riprendersi dopo qualche incidente di percorso?

E’ arrivato a Milanello insieme al ritmo della samba e lo ha lasciato sulle note del “Son s’cioppaa” di Iannacci. In mezzo gol, sgroppate e cuoricini. Gli amanti del calcio non lo dimenticano, i sognatori sperano rinasca. In bocca al lupo Papero, il tempo è dalla tua.

 

 

 

 

 




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