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RIBELLI, SOCIALI E ROMANTICI

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Quante squadre potrebbero riempire un libro parlando prevalentemente
della vita fuori dal campo? Una. E quante squadre possono vantare milioni di tifosi in tutto il mondo pur senza mai aver partecipato a una coppa europea? Sempre e solo una. Ha la maglia bianco-marrone e gioca vicino al porto di Amburgo.

“Ribelli, Sociali e Romantici” è l’opera di Nicolò Rondinelli, classe 1982, laureato in Consulenza Pedagogica, educatore professionale, malato di calcio e di Inter in particolare. Nelle trecento pagine del suo primo libro edito da Bepress attraversa l’universo sanktpauliano in maniera completa, spiegando l’origine del mito attraverso interviste realizzate sul campo e un lavoro di ricerca enorme. Lo abbiamo incontrato nel bel mezzo del tour di presentazioni che sta facendo in giro per lo stivale.

Quando hai cominciato ad avvicinarti al St. Pauli?

La prima volta che sentii parlare del club fu nel lontano 1995. Da appassionato, o meglio dire malato di calcio italiano ed europeo e consultatore quotidiano di televideo (all’epoca internet era ancora per pochi eletti), notai l’esistenza di una squadra con quel nome tra le compagini calcistiche della Bundesliga di quella stagione. Ancora non sapevo nulla della sua storia. Successivamente il punk assieme al calcio divenne uno dei capisaldi del mio percorso esistenziale. Nel 2001, leggendo una fanzine autoprodotta che trattava di musica e controcultura punk hardcore, mi imbattei in un articolo su calcio, stadio e razzismo in cui si parlava dei tifosi del St. Pauli come i primi a bandire ufficialmente i razzisti e i neonazisti dagli spalti. Nel frattempo ai concerti, ai cortei, nei vari squats in Italia e in Europa, iniziai a notare adesivi, maglie e felpe con il famigerato “Jolly Roger” e la scritta “St. Pauli”. Da lì la curiosità mi ha spinto a leggere e informarmi sempre di più, seguire le vicende della squadra e della tifoseria in maniera indiretta, fino alla mia prima sortita al Millerntor nel 2012. È stato amore a prima vista!

Nicolò, a dimostrazione del suo amore per la musica, suona la chitarra nel gruppo punk’n’roll Johnny Y Los Santos Calaveras ma soprattutto lavora come coordinatore ed educatore professionale presso la Cooperativa Elios di Novara e, come ci spiega, il suo libro trae origine da una tesi.

La tesi di laurea magistrale in Pedagogia dal titolo “Calcio totale tra cultura e resistenza” nasce da una serie di riflessioni relative al calcio inteso come sistema multidimensionale e strumento di lettura della realtà socio-culturale e politica di riferimento. Il St. Pauli rappresenta a mio avviso un simbolo di “cultura” solidale e antirazzista e di “resistenza” alle dinamiche del calcio business, soprattutto grazie all’azione attiva dei suoi tifosi. Quello che ho cercato di dimostrare con la tesi, prima, e con il libro poi, è il carattere di intreccio tra club, tifoseria e comunità del quartiere, unite dal fil rouge della storia ribelle e solidale di St. Pauli. Al di là del semplice mito diffuso di “squadra di sinistra” e legittimando il calcio come uno strumento potenziale di cambiamento positivo della società.

Partiamo dal titolo, step by step. Ribelli.

Richiama il titolo di un articolo che lessi anni fa, si chiamava “i ribelli della Bundesliga”. Mi piaceva dare al St. Pauli un’accezione immediatamente resistenziale a uno status quo come il calcio moderno, fatto di business, disuguaglianze, competizione a discapito delle squadre minori e a vantaggio di quelle ricche. Nientemeno che lo specchio della società tardocapitalista odierna.

Sociali.

La socialità è una colonna portante della storia e della cultura “sanktpauliana”. Oltre ai numerosi progetti di integrazione e solidarietà attivi e alla partecipazione massiccia della comunità del quartiere, soprattutto in termini di impegno politico dal basso, chiunque si imbatta nel quartiere non può non restare colpito dalla sua estrema vitalità. Parlo di emozioni, nello specifico: dalle sortite e bevute al pub Jolly Roger o all’Onkel Otto nei pressi della Hafenstrasse, alla semplice condivisione dell’evento della partita al Millerntor. St. Pauli è davvero una grande famiglia, nel vero senso della parola.

Romantici.

St. Pauli, nonostante gli inevitabili compromessi degli ultimi decenni atti a sopravvivere a fallimenti e retrocessioni, rappresenta a mio avviso uno degli ultimi baluardi romantici del calcio di oggi, soprattutto per quanto riguarda la sua appartenenza alla gente. Quando sento parlare i politici italiani di turno sull’esigenza di riportare le famiglie allo stadio mi viene da sorridere e penso a St. Pauli come spazio per eccellenza per le famiglie; sugli spalti del Millerntor, nei cosiddetti “Stehplätze” (le gradinate con i posti in piedi) si possono trovare punk, metallari, casuals e padri e madri con figli al seguito, in un’atmosfera festosa.

In realtà il connubio “sociali” e “romantici” richiama il nome di un gruppo dei tifosi del fanclub “Sozialromantiker”, che ha preso ironicamente la sua denominazione dall’appellativo che l’ex presidente del St. Pauli Corny Littmann aveva affibbiato ad alcuni supporters “colpevoli” di ostacolare alcune scelte filo-commerciali della società verso la fine del primo decennio degli anni Duemila.

St. Pauli tra calcio e resistenza.

Riprendendo una frase che ho letto lo scorso anno su un muro vicino allo stadio Millerntor “St. Pauli bleibt politisch” (St. Pauli è politico), si può riassumere il messaggio che il libro vuole trasmettere: il calcio è parte della vita e del sistema socio-culturale in cui viviamo, pertanto non può essere separato dalla politica. Il St. Pauli lo ha dimostrato negli ultimi 30 anni circa grazie all’influsso attivo dei suoi tifosi, anche e soprattutto in un’ottica di resistenza alle dinamiche tardocapitalistiche odierne volte ad appiattire lo sport a mero strumento delle logiche commerciali. La protesta “Jolly Rouge” imbastita dai supporters del club nell’ultima stagione in Bundesliga racchiude in qualche maniera l’essenza politica ed etica dell’universo sanktpauliano, contro derive commerciali e morali. Mi riferisco alla lotta dei tifosi contro alcune scelte della dirigenza in quella stagione, come ad esempio quella di far esibire alcune spogliarelliste del locale “Susis Show Bar” nei box della tribuna principale durante le partite e di trasmettere sul tabellone gli sms dei tifosi in riferimento all’accordo commerciale con una società di servizi internet. Ogni dettaglio è cruciale per l’etica sanktpauliana.

calendario ribelli, sociali e romantici

Il fitto calendario di presentazioni e incontri (da seguire anche sulla pagina Facebook “Ribelli, sociali e romantici. FC St. Pauli tra calcio e resistenza”)

Nel libro spieghi chiaramente il passaggio da club calcistico di modesti successi a fenomeno kult negli anni ’80.

Il carattere “non established” del club si sviluppa a partire dalla metà degli anni Ottanta grazie all’influenza di una scena politica di strada che in quegli anni sposta progressivamente parte delle sue attività politiche e sociali anche all’interno degli spalti del Millerntor. Fino ad allora il St. Pauli era stato un club calcistico di livello mediocre, con una sola apparizione in Bundesliga alla fine degli anni Settanta e con un passato borghese e ambiguamente legato alle politiche del regime nazista.

La svolta decisiva nasce nelle Hafenstraβe.

All’inizio degli anni Ottanta numerose case della Hafenstrasse, il viale che costeggia le banchine del porto amburghese sito nel quartiere St. Pauli, abitate prevalentemente da operai portuali che a causa di una forte recessione economica ed eccesso di forza lavoro furono costretti a trasferirsi altrove lasciando vuoti gli appartamenti, vengono occupate da collettivi di artisti, punk, Autonomen e studenti. Questi soggetti danno vita a una nuova scena politica e sociale, rivendicando spazi di espressione in opposizione alla cultura mainstream. L’intreccio con la dimensione calcistica del club del quartiere risulta in realtà casuale all’inizio; molti di loro infatti iniziano a seguire la squadra per divertirsi e creare un diversivo ozioso rispetto alle attività politiche canoniche. Nel 1989, con le proteste rivolte al piano della dirigenza di costruire un nuovo stadio in chiave moderna, il ruolo dei “nuovi supporters” assume una valenza più sistematicamente politica.

Poco dopo nasce “Millerntor roar!”, fanzine nata per costruire una nuova cultura del calcio, che nel 1990 viene ospitata dal Fanladen, cuore pulsante del tifo sanktpauliano.

Millerntor Roar è un po’ il continuum tra la controcultura punk, fondamentale nella formazione della “nuova” scena del tifo a St. Pauli nella metà degli anni Ottanta, e l’esigenza di rendere visibile l’azione politica dei tifosi. MR è la prima fanzine nella scena del tifo calcistico tedesco a prendere posizione su alcune questioni che all’epoca erano all’ordine del giorno, come il razzismo tra gli spalti e la repressione poliziesca.

Il Fanladen fu la naturale conseguenza della creazione di una nuova cultura del tifo fondata su valori solidali, di antirazzismo e aggregazione positiva. Nato come punto di riferimento per l’organizzazione delle trasferte dei tifosi con la vendita dei biglietti delle partite e dei relativi viaggi, esso diventerà negli anni il promotore culturale e politico dei fans sanktpauliani, nonché apparato sociale con i suoi progetti attivi per le strade del quartiere in un’accezione inclusiva.

Nel libro descrivi come i tifosi siano direttamente coinvolti nella gestione del club e non siano solo spettatori passivi. Penso ad esempio alle decisioni prese nell’AGIM.

Nella metà degli anni Novanta molti tifosi che avevano vissuto gli anni ribelli del decennio precedente tra le strade del quartiere e gli spalti del Millerntor, spostano la loro azione anche all’interno del tessuto organizzativo e gestionale societario del club. Una direttiva della DFB (la federazione calcistica tedesca) di quel periodo indice infatti l’esigenza per i club calcistici tedeschi di dotarsi di un organo definito “Aufsichtsrat” (consiglio di sorveglianza), allo scopo di garantire maggiore controllo sia dal punto di vista dei bilanci economici che della gestione etica. Il St. Pauli si dimostra nuovamente pioniere in tal senso, connotando alcune scelte di gestione da un punto di vista politico, su tutte quella di fugare ogni riferimento al passato nazista che ha coinvolto il club. A tal proposito l’assemblea dei soci dell’AGIM, il gruppo dei tifosi attivi dentro il club, propose con successo la ridenominazione dello stadio da “Wilhelm Koch” (nome dell’ex presidente storico del St. Pauli degli anni Trenta, collaborazionista del regime nazista, seppur con un ruolo marginale) a “Millerntor”.

Anche la nascita dell’AFM, il dipartimento dei soci attivi, nel 1999 dà al club un carattere di partecipazione attiva dei suoi associati, dal punto di vista della valorizzazione dei giovani delle varie discipline sportive che fanno capo al club.

Per conoscere lo stretto rapporto tra i tifosi e la gestione del club ti è stato di grande aiuto Massimo Finizio.

Massimo, consulente sportivo romano e personaggio storico nelle vicende del St. Pauli, nonché primo dirigente italiano di un club professionistico tedesco, è stato di enorme aiuto dal reperimento di molte delle fonti citate nel libro ai contatti procurati in seno alla dirigenza e alle numerose persone intervistate. Da presidente dell’AFM nei primi anni del Duemila ha promosso una serie di progetti socialmente attivi rivolti ai giovani del club, in particolare nella formazione di vita oltre che sportiva. Cito in tal sede l’alternanza scuola-sport-lavoro, che dà un senso pieno all’intreccio tra comunità sanktpauliana e vita, per la serie: se il giovane calciatore non dovesse riuscire ad arrivare nel calcio che conta avrà comunque una formazione personale di cui far tesoro.

Massimo tutt’oggi è un valido riferimento per la comunità dei tifosi italiani (e non solo) del St. Pauli. Potete trovarlo mentre conversa amabilmente nel suo locale “Ultima Cena” sulla Neuer Kamp, dietro la Nordkurve del Millerntor!

presentazione Nicolò Amburgo

Nicolò  (a destra) insieme a Finizio (al centro) e Carsten Kupisch del Fanladen (a sinistra) durante la presentazione al locale “Ultima cena” di Amburgo

ll senso di appartenenza al St. Pauli si manifesta quando nel 2003 i tifosi si attivano per una vera e propria opera di salvataggio

La campagna “Retter” (salvataggio), in seguito al rischio di fallimento che ha colpito il club nel 2003, è consistita nella stampa e nella vendita di migliaia di t-shirt con il logo del St. Pauli e la scritta Retter, in una sorta di autofinanziamento generale da parte della quasi intera comunità di St. Pauli. Anche l’azienda produttrice della birra Astra ha contribuito a raccogliere fondi per il club con la campagna “Drink Astra, save St. Pauli”, così come molti esercizi commerciali presenti nel quartiere.

È l’ennesima dimostrazione di forza di questo cordone ombelicale tra il mondo calcistico del club e quello dei suoi supporters e degli abitanti del quartiere.

St. Pauli tutto sembra essere anticonformista, anche la gestione del tifo organizzato e le trasferte. Penso per esempio a Sven Brux che hai avuto il piacere di conoscere.

Sven è stato uno degli artefici della nuova scena del tifo bianco-marrone, quando negli anni Ottanta, trasferitosi da Colonia, milita nella Hafenstrasse e sugli spalti del Millerntor, contribuendo a dare un’impronta politica al tifo sanktpauliano. La creazione del Fanladen e le numerose campagne politiche contro il razzismo e la commercializzazione vedono lui in prima linea. Oggi Sven fa parte della dirigenza del club con il ruolo di responsabile per la sicurezza all’interno dello stadio durante i match. Il fatto che un ex tifoso e militante politico ricopra questo ruolo è indicativo alla luce del fatto che egli sia un profondo conoscitore del mondo dei supporters e pertanto dotato di una forte capacità di mediazione nelle situazioni più critiche a livello di gestione dell’ordine pubblico. Aspetto che le forze dell’ordine il più delle volte non sono in grado di garantire.

Oggi i tifosi della prima ora storcono il naso di fronte al carattere commerciale che il club ha raggiunto pur rimanendo fuori dal mainstream calcistico.

Alcune svolte commerciali del club sono state per certi versi inevitabili per la sua stessa sopravvivenza. Lo stesso teschio con le ossa incrociate è diventato in parte un vero e proprio brand, detenuto da una società esterna al club, perdendo a detta di molti la sua simbologia ribelle che è parte della stessa storia della città di Amburgo e del quartiere Sankt Pauli in particolare. Il St. Pauli oggi vanta un merchandising di dimensioni notevoli in termini di fatturato e numero e tipologie di titoli. La faccia positiva della medaglia riguarda a mio avviso il fatto che se da un lato il catalogo annovera oggetti e articoli degni dei club più commerciali, come borse per l’acqua calda e tovaglie o bicchieri con il logo del Jolly Roger, dall’altro mantiene comunque parte del carattere politico e ontro culturale del club e dei suoi tifosi. Articoli come le t-shirt con la scritta “Refugees are welcome” e le sciarpe con la svastica distrutta sono un esempio valido. È in gioco tutt’oggi un equilibrio continuo tra le esigenze commerciali e i valori etici di riferimento.

Ad Amburgo c’è un’attenzione particolare anche ai giovani.

Oltre al settore giovanile, che viene curato soprattutto da un punto di vista educativo di trasmissione dei valori fondanti della cultura del St. Pauli (l’antirazzismo, la solidarietà, la partecipazione), anche la scena del tifo ha un ruolo eminentemente pedagogico. Il Fanladen ad esempio, promuove il progetto “U18 Ragazzi”, consistente nell’organizzazione e nella gestione delle trasferte degli Under 18 al seguito della squadra, e “Kiezkick”, calcio di strada con i ragazzi meno abbienti del quartiere. L’AFM, che funge anche da trait d’union tra le istanze dei supporters e quelle del club, ha un peso non di poco conto nella formazione dei ragazzi della galassia sportiva del St. Pauli. D’altronde se i “giovani selvaggi” della squadra dei primi anni Ottanta sono stati tra gli artefici del riavvicinamento della gente del quartiere alle sorti del club, l’attenzione ai giovani oggi rappresenta allo stesso modo uno dei punti focali per l’organizzazione del St. Pauli.

Parlando dell’impegno fuori dal campo puoi raccontare alcune iniziative promosse dal club e il network dei suoi tifosi?

L’attivismo del St. Pauli a mezzo dei suoi supporters e della base sociale è notevole. Il processo di empowerment sociale coinvolge ad ampio spettro anche tutta la comunità del quartiere e non solo, nel supportare attivamente l’azione sociale del club. Nel 2013, ad esempio, il St. Pauli ha attivato la piattaforma “Kiezhelden”, a mezzo della quale promuove e sostiene svariati progetti finanziati con il meccanismo del crowdfunding. Sotto la famigerata tribuna della Gegengerade, dove nacque la nuova scena del tifo Braun-Weiss negli anni Ottanta, hanno oggi sede il Fanladen, l’AFM e soprattutto il Fanräume, letteralmente “stanza del tifoso”. Si tratta di un progetto avviato nel 2007 e realizzato un paio di anni fa che costituisce un vero e proprio spazio polivalente per i tifosi, dove organizzare meeting, concerti ed eventi culturali tout court. Non è raro assistere infatti a eventi musicali punk hardcore e Oi!, per esempio. Il fatto che avvengano all’interno dello stadio stesso rende il fatto ancora più suggestivo.

La faccia sociale del St. Pauli si mostra con miriadi di altre iniziative, vedasi “Viva con Agua”, promossa anni fa dall’ex giocatore del club Benny Adrion, per la fornitura di acqua potabile nei paesi in via di sviluppo, o più in generale l’attivismo solidale di tifosi, soci e abitanti del quartiere nella vicenda “Lampedusa in Hamburg”, in riferimento all’esodo dei 300 migranti giunti in città nella primavera del 2013.

Hai trascorso giornate intensissime ad Amburgo per completare un lavoro di ricerca enorme. Che aria hai respirato? In che modo coltivano l’affetto per la squadra nel quartiere?

Quando racconto ad amici e conoscenti le mie esperienze in quel di St. Pauli ho sempre la sensazione di non essere sufficientemente esaustivo. Proprio perché ritengo che debbano essere vissute in prima persona per capirne l’atmosfera e l’essenza. Fin dalla prima volta che ho visitato Amburgo e il quartiere in particolare ho avvertito una forte sensazione di accoglienza e umanità. Il lavoro di ricerca svolto per il libro ha avuto nei miei intenti quello di dar voce a chi vive la realtà di St. Pauli in modo scevro da pregiudizi, cercando quindi di sospendere temporaneamente i miei vissuti legati più prettamente al mito del kult club. Quello che è emerso è un attaccamento incondizionato che va oltre il risultato sportivo ed è strettamente connesso alla storia ontro culturale del club degli ultimi 30 anni. Il St. Pauli viene vissuto ogni giorno della settimana, nel lavoro come nel tempo libero. Una cosa che mi ha colpito molto, ad esempio, è stata vedere alcuni elementi della cultura del tifo traslati anche nel quotidiano: un negozio di biciclette sulla Budapester Strasse (la via dello stadio) arreca la scritta “You’ll never ride alone”, dal più famoso anthem “You’ll never walk alone” cantato spesso allo stadio.

Qual è il clima che si respira allo stadio? In cosa si differenzia così tanto dalla nostra mentalità?

Abituato com’ero al clima generale degli stadi italiani, dove spesso e volentieri la curva più di altri settori rappresenta il cuore caldo del tifo, vedere uno stadio intero come il Millerntor che vive la partita come se fosse un’intera curva, con la maggior parte dei fans in piedi a cantare e saltare, mi ha davvero aperto il cuore. Si respira un clima molto positivo, tra birre, goliardia e divertimento. Contraltare di molte realtà del calcio italiano.

Hai attraversato l’Italia per la presentazione del libro. Che impressioni hai avuto? Come pensi sia stato percepito il tuo lavoro e il “messaggio sanktpauliano”?

Il St. Pauli in Italia è conosciuto dai più come il club antifascista e alternativo per eccellenza. Con il libro ho cercato per quanto possibile di uscire da questa logica semplicistica, seppur veritiera, tentando di riportare la realtà dalla voce dei protagonisti intervistati e dalle fonti utilizzate. La cosa più bella che è emersa dagli eventi di presentazione è stata il dibattito suscitato dagli argomenti del testo, il profondo interesse portato in maniera eterogenea dai ragazzi e dalle ragazze che hanno assistito alle mie presentazioni. E dulcis in fundo quello che mi porto a casa dopo questi incontri sono i rapporti umani costruiti con le persone che incontro. In un certo senso è un aspetto molto sanktpauliano!

presentazione Nicolò Milano

La tappa alla Libreria Scaldasole di Milano

isto l’impegno come calciatore-dirigente dell’ ASD CRSC Cuore, una delle realtà di calcio popolare italiano, non posso non chiedergli quali riforme dovrebbe adottare il calcio italiano.

Più che le riforme, il calcio italiano dovrebbe recuperare una dimensione etica e culturale fortemente compromessa. Si tratta a mio avviso di riavvicinare realmente la gente a questo splendido sport, fucina di socialità e cultura, nonché di formazione di vita. Il sistema calcistico tedesco fatto di associazionismo e partecipazione (i club sono strutturati come EV, “Eingetragener Vereine”, associazioni regolarmente registrate gestite da soci) rappresenta un esempio molto valido. Se si pensa che non solo il St. Pauli, ma anche squadre di blasone come il Bayern Monaco e lo Schalke 04, forti dell’azione di centinaia di migliaia di soci, si fondano sull’attivismo dei soci-tifosi che ne detengono la gestione e l’organizzazione, allora un barlume di speranza di diffusione di un modello positivo c’è. Per combattere l’oligarchia di vecchi dinosauri che sia nei palazzi di potere che all’interno dei club non hanno fatto altro che allontanare sempre di più la fonte di legittimazione principale del carattere di massa del calcio: i tifosi.

In fine una doverosa domanda di calcio giocato. Che speranze di salvezza hai? Come giudichi la stagione?

La terza serie per i tifosi del St. Pauli è un incubo ricorrente! E’ anche vero che nella sua storia il club ci ha abituati a imprese non di poco conto, quindi sono tendenzialmente fiducioso per la salvezza. Certo il gioco quest’anno non è stato dei migliori, le partite che ho visto hanno mostrato una squadra giovane ma senza eccessivo mordente synthroid generic. Se ci pensi poi è indicativo il fatto che Lasse Sobiech, difensore centrale, sia uno dei capocannonieri della squadra!




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