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LA SFINGE

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Se rinasco, posto che la reincarnazione esista, non voglio studiare all’università. Preferisco provare il brivido di guadagnare subito dei soldini. Magari investendo in un’attività, tipo un bar che trasmetta partite e spilli birre. Basta. Perché a Novara, un pub all’inglese fatto di sport e malto non c’è. Sembra assurdo, banale, scontato. Eppure non c’è. Così io e il mio prode amico Lorenzo, con la scusa di chiacchierare in compagnia di una partita e un boccale, ogni volta dobbiamo cambiare locale. Uno è chiuso, l’altro è occupato da un diciottesimo di compleanno, uno trasmette solo il campionato, l’altro ha i diritti per la coppa.
Se rinasco apro un locale con due insegne: in una il nome, Undicicontati ovviamente, nell’altra Qui birra e tutte le partite. Stop. No scommesse, no tabacchi, no panini, no colazioni.
Tornando a ieri sera, miei pochi ma affezionati lettori, c’è tutta questa differenza tra Liverpool e Roma? Guardiamo il cammino dei giallorossi. Escono primi dal girone dell’inferno con Chelsea, Atletico Madrid e, d’accordo, la cenerentola Qarabag. Negli ottavi superano con qualche patema lo Shakhtar Donetsk e compiono la remuntada delle remuntade contro il Barcellona ai quarti. Alla vigilia Di Francesco invoca il miracolo e lo guardano tutti storto. Tutti tranne e i suoi che sul campo rispondono con la partita della vita. La serata perfetta.
Comprensibile giubilo dell’ambiente (forse troppo?) a cui si uniscono le congratulazioni di tutta l’Italia pallonara. Tutta tranne la fetta laziale, immagino. E ci sta.
Il sorteggio scongiura Real e Bayer e riserva il Liverpool. Sembra benevolo. Sembra possa portare a una finale storica, insperata. Da underdog impronosticabile. Scorrono le immagini della finale dell’84 persa in casa ai rigori contro la marionetta Grobbellar. Ma questa è un’altra storia. Semifinale, 180 minuti, il ritorno in casa. Si può fare. Poi in finale, nel caso, si vedrà.
E invece, la mattina dopo una mezza disfatta, mi vengono in mente i versi de La canzone dell’amore perduto di De Andrè, senza capire veramente il perché.

D’un aprile ormai lontano mi rimpiangerai,
ma sarai la prima che incontri per strada
che tu coprirai d’oro per un bacio mai dato,
per un amore nuovo.

O forse ho capito. Il 5-2 sa di occasione persa perché poteva andare diversamente. E invece Anfield ha imposto la sua legge. Sapete la storia della targa This is Anfield affissa nel tunnel che porta al campo? Bill Shankly, guru del Liverpool anni ’70 e ’80, la fece appendere per ricordare ai suoi calciatori che maglia indossano e agli avversari contro chi giocano. E la lupa si è piegata. Spezzata no, manca il ritorno, ma le rimonte non si comprano al supermercato e pare che il jolly la Roma se lo sia già giocato.
La serata di ieri sa di rimpianto, di timidezza e gambe molli di fronte a un gigante, come quando balbetti al primo appuntamento con la ragazza che credevi non avrebbe mai accettato l’invito ad uscire con te. Ma di gigante ce n’è stato solo uno ieri sera. E fino a poco fa giocava pure nella città eterna. Altro che This is Anfield, working class e You’ll never walk alone.
Pochi ma affezionati lettori di cui sopra, tralasciamo per un attimo la storia, le seghe mentali tattiche, i primi appuntamenti, l’esperienza internazionale, l’abitudine a certi palcoscenici, tutte cose in cui la Roma difetta rispetto al Liverpool. Tralasciamo per un attimo tutto questo e con la mente torniamo all’oratorio quando si facevano le squadre con le pagne. Se il bim bum bam l’avesse vinto capitan De Rossi prendendosi Salah, siamo sicuri che non sarebbe finita diversamente? Siamo così certi che invertendo l’ordine dei fattori il risultato non cambi? Il calcio non è matematica. E’ talento, velocità e l’egiziano in questo momento trasuda di entrambe. Quando è uscito il Liverpool si è disconnesso o è il Liverpool che non ha alcuna connessione senza di lui?
Mentre io e Lorenzo siamo alla seconda birra ipotizziamo che se i Reds dovessero segnare lo faranno su una ripartenza, su una palla recuperata. Prevedibile. Lo capirebbe anche la postina. Il primo gol è un colpo di biliardo, il secondo una carezza su Allison (materiale di studio per Mané). Poi inizia lo show da suggeritore e cala il poker. Alla fine il gol di testa di Firmino su calcio d’angolo. Quello sì, evitabile.
Ma pochi e affezionati lettori, di fronte a un giocatore così si poteva davvero fare qualcosa? Certamente sì, risponderebbero alcuni, perché se hai contenuto Messi puoi neutralizzare anche Salah. Assolutamente no, direbbero altri, perché cosa puoi fare contro un mostro da Pallone d’Oro?

Lo chiedo a voi perché non trovo risposta. A me è apparsa solo una visione. Era straripante come il Nilo in piena e imponente come la Sfinge.




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